giovedì 28 aprile 2011

In attesa di Marte, un giro in Atlantide!



Come avevo anticipato al benevolo lettore, è in arrivo l'avventura atlantidea. Per essere esatti, sarà il prossimo 31 maggio il giorno in cui riemergeranno in libreria le rovine del continente perduto.
Ancora una volta, si potrebbe dire. Certo, e per i motivi che spiegavo in un precedente post. Il titolo definitivo come intuito è più user friendly di quello originario, che quindi rimarrà a questo punto un piccolo segreto tra noi. Me lo tengo anzi al sicuro, per riciclarlo alla prima opportunità.

Ma veniamo al dunque. Appongo anzitutto la copertina, non male con quella sua atmosfera vagamente celtico-babilonese, e i marosi in tempesta che squassano l'imponente impianto piramidale delle antiche architetture. Tutto sommato un'immagine perfettamente hollywoodiana, come sarebbe piaciuta proprio a uno dei protagonisti del romanzo.
In realtà di mare nel racconto non ce n'è molto, c'è più Roma con i suoi quartieri eterogenei, un po' di sinistra Maremma, boscose terre balcaniche e altro. Per darvene un'idea sommaria ma spero intrigante vi trascrivo il risvolto:

Vanja è bellissima. Alta come una modella, lo sguardo di ghiaccio e i lunghi capelli completamente bianchi... il suo fascino enigmatico spicca nella sala semivuota dove è in corso una conferenza sulla leggendaria isola di Atlantide. Ovvio che la noti uno scrittore di romanzi gialli, tanto sembra fuori posto in quel luogo. Come è insolito il mestiere che si è scelto in Italia dopo essere fuggita dalla guerra che ha sconvolto la sua patria: la dama di compagnia.
E le sorprese sono appena cominciate: poche ore dopo l’incontro alla conferenza l’anziana signora che Vanja assisteva muore all’improvviso e in circostanze sospette. Una donna che è stata un tempo una famosa veggente, e che ha portato con sé il segreto delle sue visioni. Tra cui proprio la chiave che forse apre la porta dell’isola perduta.
Affascinato dalla giovane slava e trascinato dalla sua istintiva curiosità, il protagonista inizia una personale indagine. Ma presto viene travolto da un turbine di indizi e prove che assumono una luce ancor più sinistra in presenza di nuovi omicidi. Una trama in cui nulla sembra avere senso, e in cui compaiono via via fatti e personaggi sempre più strani. Niente sembra legare un singolare archeologo dilettante degli anni Trenta con un tentativo di colpo di stato nell’Italia del dopoguerra. O gli studi di Galileo sul magnetismo con le ricerche naziste sulle origini della razza ariana. O le sfuggenti ombre di agenti del governo cinese, in caccia di segreti industriali, con il commercio clandestino di reperti etruschi di cui sospetta la bizzarra ispettrice di polizia che lo incalza con le sue indagini.
Nulla, se non appunto le tracce appena visibili di quella antica terra e del suo mistero. Perché è da quella remota tragedia che tutto ha avuto origine. Lo crede disperatamente Vanja, custode di un segreto inconfessabile che ha portato con sé dalla nascita. E comincerà a crederlo anche il protagonista, sempre più sconcertato da quello che va scoprendo: che Atlantide è davvero esistita, che le sue rovine attendono da millenni con il loro segreto. Solo che non si celano nel profondo del mare, ma nella zona oscura della nostra storia.


Segue una breve ma intensa celebrazione delle qualità letterarie dell'autore, che vi risparmio per modestia. Come al mio solito il romanzo è una mescolanza di verità e fantasia, miscelate con artata malizia. C'è da dire che in questo caso la verità è molta, molta di più che nelle altre misture. A cominciare dallo straordinario marchingegno che fa capolino tra le pagine. Che, non ci crederete, esiste davvero...

domenica 24 aprile 2011

Dal cappello del mago!







Credo che nel mestiere dello scrittore ci sia un passaggio obbligato: una storia, un mito con cui prima o poi bisogna confrontarsi. Come un compositore non può eludere di affrontare la sinfonia, o il più informale degli scultori il corpo umano, così nella narrativa esistono delle strutture archetipiche che "bisogna" in qualche modo tornare a raccontare.
E poco importa che ci siano alle nostre spalle dei giganti che lo abbiano già fatto: anche la sinfonia ha avuto i suoi Beethoven e i suoi Mahler, ma non per questo anche il più ardito e dissonante dei musichieri contemporanei può esimersi dal tentare una sua via.

Nel mio caso, lo confesso subito, il mito che mi aspettava all'angolo è quello forse più classico e antico: il mito di Atlantide. Erano anni che mi ripromettevo di penetrare in quel continente favoloso, ma vi ho girato intorno sempre trattenuto dalla consapevolezza che non potesse essere più affrontato alla Rider Haggard o alla Indiana Jones: avventuroso archeologo rinviene misterioso manoscritto, organizza spedizione in terre remote, affronta selvaggi e dinosauri e corona il suo sogno d'amore con bella esploratrice mentre un opportuno vulcano esplode risotterrando i resti tanto fortunosamente trovati.

Così no, bisognava trovare una strada diversa. Parecchio diversa. E poi col tempo, a poco a poco i pezzi di questa storia hanno cominciato ad arrivare dalla fonte meno probabile: la Realtà.
Persone che sono diventate personaggi, libri in cui ho scoperto cose che non sapevo, avvenimenti della cronaca recente e passata che parevano senza spiegazione, addirittura le memorie di un mio prozio spiritista. Tutto questo e altri frammenti scollegati di verità, che a poco a poco sono diventati Il tempio dei re dormienti.

O meglio, questo è il titolo con cui la storia ha abitato la mia mente, perché è probabile che quando essa dovesse trovare la via della stampa lo farà con uno diverso: pare infatti che per qualche misterioso motivo i signori del marketing siano allergici ai titoli di più di tre parole.
Come che sia, il soggetto stavolta sarà proprio quello: il misterioso continente che comincia per A, ma che non si può pronunciare se non vuoi passare subito per stravagante.




Ma tanto qui siamo tra amici, e si può dire.

lunedì 4 aprile 2011

Si parte! - 13


L'affezionato lettore avrà notato come da qualche tempo mancavano aggiornamenti in merito all'avventura spaziale. Questo è dovuto sia alla necessità di portare a compimento una nuova operetta che mi trovo ad avere tra le mani, sia ad un motivo ben più problematico.

Il fatto è che il reattore atomico recuperato dal sottomarino russo in disarmo ha mostrato qualche suo limite, derivante in buona misura dalla non perfettissima tecnologia che gli ha dato i natali, e molto poi dallo stato di abbandono in cui ha versato dopo la caduta dell'Unione sovietica.

In pratica ha cominciato da subito a sversare in giro una certa polluzione di cesio, stronzio e quant'altro, in misura non preoccupante ma tale comunque da suscitare l'occhiuta attenzione degli ispettori dell'Enea. I quali hanno preso a ronzare fastidiosamente in cerchi sempre più stretti intorno al fondo del maggiore Luceri, dove com'è noto era in costruzione il veicolo spaziale.

Per fortuna il provvidenziale arrivo nei nostri cieli della nube radioattiva di Fukushima ha confuso le acque, stornando i sospetti e consentendoci di proseguire il lavoro con relativa tranquillità. L'ingegner Fainthwater ha avuto anche modo di testare gli effetti del reattore su eventuali malcapitati che si trovassero nelle vicinanze al momento del decollo: a tale scopo sono stati utilizzati dei manichini, recuperati dalle esplosioni del '50 nel Nevada, che hanno superato la prova senza troppi danni (accludo a dimostrazione una foto degli stessi dopo il test).

Il razzo è ormai pronto. Gli ardimentosi stanno raccogliendo gli ultimi bagagli e nella prima notte di luna nuova il veicolo si avventerà verso gli spazi siderali, ruggente colonna di fuoco diretta verso l'ignoto!