mercoledì 1 settembre 2010

Sinfonia - I tre tempi della creazione.


Normalmente la costruzione di un testo narrativo attraversa tre fasi, come nella più classica delle composizioni musicali.

Il primo movimento è aereo e leggero, un largo con brio: la mente sfarfalla piacevolmente tra idee diverse, trascinata qua e là dall'umore del momento senza alcun vincolo. Alla faccia delle mode, degli indirizzi editoriali e dei lettori distratti, tutto un universo di realtà potenziali si squaderna davanti e la fantasia si teletrasporta senza sforzo dall'una all'altra con altrettanta disinvoltura del comandante Kirk: tutte le leggi della termodinamica vengono allegramente violate, epoche e spazi lontanissimi si fondono in una carnevalata kitsch e irresistibile.

Poi una delle infinite possibilità comincia a sgomitare e emerge dal brodo primordiale, annichilendo i rivali con tutta la ferocia della lotta per la sopravvivenza: spermatozoo e ovocita si incontrano e comincia il lavorio perché l'embrione diventi un essere autonomo. Sono i "nove mesi alla puzza" di cui parlava il Belli, una discesa e un lungo stazionamento all'inferno, un lento assai doloroso e interminabile. Le parole, che fino a un attimo prima erano una sorta di deliziose bajadere pronte a soddisfare ogni nostro più piccolo desiderio, cominciano a ribellarsi peggio di un soviet di minatori del Caucaso. Bisogna tenere insieme tutte le fila della trama, cercare di dare un senso alle intuizioni che in un primo momento sembravano così efficaci. La storia che ci aveva sedotto, i personaggi inventati con tanta cura cominciano prima a mostrarsi noiosi come vecchie zie che ripetono sempre le stesse cose, poi importuni come venditori ambulanti, infine odiosi come svaligiatori notturni. La mente che vorrebbe evadere su altre storie si dibatte ancorata a questo blocco di cemento che ti trascina sempre più giù. Famiglia, relazioni sociali, financo i più immediati interessi terreni da curare si diperdono in una nebbia lattiginosa, una pappa su cui grava il continuo rischio della sconfitta. E mentre si combatte per arrivare alla parola Fine, è adesso che spesso nascono gli Incompiuti, relitti alla deriva per abbandono del campo.

Infine il terzo movimento, che si annuncia con un sofferto di archi, legni e tromboni, peggio che nel canto di morte e d'amore di Isotta. Tutte le tossine accumulate durante i mesi di lavoro travolgono le ultime difese immunitarie poste dalla natura a difesa della salute mentale, ed esplode dentro un fastidio viscerale per quello che si è fatto, che ormai si vede come un corpo estraneo, comunque un aborto di cui ci si deve liberare prima possibile, prima di impazzire definitivamente. Tutto sembra sbagliato e incerto, e ci si difende dal tragico senso di inadeguatezza e sconfitta solo ricomnciando a pensare a qualche nuova impresa, che cancellerà nella nostra mente ogni ricordo della vecchia, sovrapponendo alla sua debolezza reale una nuova forza sognata.

Comunque, come si suol dire, sempre meglio che lavorare.

1 commento:

Fabrizio Foni ha detto...

E' l'esordio delle tue lezioni in Sapienza? Incoraggi gli studenti così? :)