giovedì 3 maggio 2018

La storia come estasi e danno.

Ho insegnato per molti anni storia, e ho fatto di tutto per convincere i miei allievi dell'importanza di conoscere il loro passato. Ricorrendo a minacce e lusinghe, premi e punizioni, preghiere e maledizioni.
Ma mentre facevo questo, allo stesso tempo ero turbato dalle parole di Zarathustra, sull'insopportabile gravame con cui il passato e la sua conoscenza opprime l'avventura dell'uomo, ostacolando la via della felicità che passa per l'arte di dimenticare.
Insomma, mentre oscilliamo pericolosamente su questa corda sull'abisso, tesa tra la bestia e il superuomo, che si deve fare? Non lo so, e forse è per questo che ho sempre scritto romanzi che hanno con la "storia" un rapporto molto particolare, diciamo dialettico. Un po' come quello di Rocky e Ivan Drago, su un altro piano. Alla fine ho patteggiato con Zarathustra un compromesso, che penso anche il filosofo folle avrebbe accettato, di andare a scavare non nella storia ma nelle sue ombre.
Alla ricerca non di ciò che è inciso sui frontoni dei templi, ma dei nomi più antichi che sono stati scalpellati via per far posto ai nuovi dei.
Perché nella storia, come nella vita, la pagina più affascinante è quella che non si può più leggere.

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