Ho approfittato di questi giorni di calura estiva per rivedermi in dvd tre film classici di fantascienza degli anni '50: Rocketship X-M, Flight to Mars e Destination Moon .
Usciti nelle sale quasi contemporaneamente, tra il '50 e il '51, sono tre spaccati straordinari del futuro di una volta. Quello, per intenderci, che tutti speravamo si sarebbe avverato ben prima della fine del secolo: quando aitanti ex piloti della guerra di Corea, barbuti scienziati alla dottor Zarro e fascinose ricercatrici universitarie si sarebbero imbarcati in improbabili veicoli spaziali do-it-yourself e avventati negli spazi siderei.
Usciti nelle sale quasi contemporaneamente, tra il '50 e il '51, sono tre spaccati straordinari del futuro di una volta. Quello, per intenderci, che tutti speravamo si sarebbe avverato ben prima della fine del secolo: quando aitanti ex piloti della guerra di Corea, barbuti scienziati alla dottor Zarro e fascinose ricercatrici universitarie si sarebbero imbarcati in improbabili veicoli spaziali do-it-yourself e avventati negli spazi siderei.
Veicoli che erano poi in genere incroci tra la carlinga di un B-29 e il più domestico guscio di una roulotte Airstream, ma tanto chi ci faceva caso.
Dei tre il terzo è quello più attendibile sul piano scientifico, sempre relativamente parlando, con un minimo di rispetto in fatto di leggi gravitazionali. Anche le tute spaziali sono quasi plausibili, abbastanza vicine a quelle delle future missioni Mercury. Ma è anche il più sussiegoso, con i suoi inserti didascalici e le tiratine didattiche alla Giulio Verne (vi ricordate quegli insopportabili capitoli pieni di formule in 20.000 leghe o in Dalla terra alla luna?).
Ma che tristezza, al confronto degli altri due! Il primo in bianco e nero con le scene di Marte virate in seppia, in incredibili colori pastello il secondo ma entrambi con tutti gli eroi giusti, i crateri di Marte di cartone e le marziane in minigonna e tacchi a spillo. Era così che lo volevo il futuro, andare su Marte con il mio bell'Avirex B-3 e il cappello a tesa larga, e magari fumando una Lucky durante il decollo. E non infagottato in un sarcofago di plastica, ridicolo come un palombaro ciclista. Quasi non mi dispiace che alla fine non vedrò mai Marte, molto meglio come me lo sono immaginato.
Mi consolo giocherellando con lo Yonezawa Moonrocket XM-12, orgoglio della mia flotta spaziale. Non si schioda di un centimetro dal pavimento, ma che importa: lo mandano lontano i miei sogni.
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