lunedì 7 maggio 2018

Il Principe - il romanzo di Cesare Borgia.

«E se quel che dite è vero, allora anche ciò che assicura la convivenza degli uomini, attraverso il dominio di uno su tutti, ebbene anche questo dovrebbe obbedire alla stessa regola di bellezza che avete assegnato alle opere di pittura!»
«Esiste certo una somiglianza tra l’opera mia e la vostra, seppure con una differenza: un quadro si conclude nel suo spazio, un regno nella sfera del suo tempo.»
Cesare assentì gravemente. «Credo che abbiate ragione. E dunque del mio Stato è alla sua durata nel tempo che dovrei mirare, più che alla sua estensione?»
«Se volete che sia saldamente fondato, sì.»
«E dovrà essere un’armonia di vuoti e di pieni, come in un edificio?» continuò il duca, meditabondo.
«Cosa state pensando, duca?»
«Alle teste che dovrò mozzare, per realizzare quell’equilibrio di cui mi dite. In quello che sarà l’ordine nuovo del mio regno.»

giovedì 3 maggio 2018

Della meravigliosa falsificazione.

Pansa ha ragione a dichiarare che la storia della Resistenza andrebbe riscritta, ma l'affermazione va intesa in senso più ampio. Non solo infatti quella della Resistenza, ma tutta la ricostruzione storiografica è in varia misura "falsa": talvolta in singoli passaggi, talvolta nella sua totalità.
E questo non per una particolare malizia o incapacità degli storici, ma per la sua natura intrinseca. La ricostruzione storica non procede aristotelicamente dall'universale al particolare, attraverso una deduzione guidata dalla necessità, ma al contrario risale induttivamente dal particolare all'universale, attraverso prima la collazione e poi l'analisi di documenti, atti, monumenti, testimonianze e memorie. I quali purtroppo sono spesso e volentieri falsi.
Perché l'uomo, unico tra gli esseri viventi, mente. E non mente solo occasionalmente o in cosa di poco spessore, ma sempre e con maggior convinzione quanto è più importante la circostanza.
E' questa straordinaria capacità di raccontare, scrivere e scolpire balle che ha consentito alla nostra specie di uscire dal magma indistinto della vita indifferenziata, per prima elaborare lingue adatte all'inganno, e poi erigere religioni e imperi, varcare oceani, diffondere su tutta la terra il canto dei poeti e perdersi nei labirinti della letteratura.
Perché stupirsi dunque che anche un episodio tutto sommato marginale nella storia del mondo come la Resistenza italiana possa essere caratterizzato da imprecisioni, errori e falsità?
Strano sarebbe semmai il contrario, scoprire una narrazione perfettamente aderente alla realtà fattuale: ma oltre che inutile come la mappa dei cartografi imperiali di Borges, il suo ritrovamento sarebbe il segno che la fine dei tempi è ormai prossima, che noi uomini abbiamo perso la capacità di illudere e che le armate dell'Anticristo stanno convergendo verso la piana di Megiddo.

La storia come estasi e danno.

Ho insegnato per molti anni storia, e ho fatto di tutto per convincere i miei allievi dell'importanza di conoscere il loro passato. Ricorrendo a minacce e lusinghe, premi e punizioni, preghiere e maledizioni.
Ma mentre facevo questo, allo stesso tempo ero turbato dalle parole di Zarathustra, sull'insopportabile gravame con cui il passato e la sua conoscenza opprime l'avventura dell'uomo, ostacolando la via della felicità che passa per l'arte di dimenticare.
Insomma, mentre oscilliamo pericolosamente su questa corda sull'abisso, tesa tra la bestia e il superuomo, che si deve fare? Non lo so, e forse è per questo che ho sempre scritto romanzi che hanno con la "storia" un rapporto molto particolare, diciamo dialettico. Un po' come quello di Rocky e Ivan Drago, su un altro piano. Alla fine ho patteggiato con Zarathustra un compromesso, che penso anche il filosofo folle avrebbe accettato, di andare a scavare non nella storia ma nelle sue ombre.
Alla ricerca non di ciò che è inciso sui frontoni dei templi, ma dei nomi più antichi che sono stati scalpellati via per far posto ai nuovi dei.
Perché nella storia, come nella vita, la pagina più affascinante è quella che non si può più leggere.