mercoledì 7 dicembre 2011

Declino e caduta della variante.


Tra le innumerevoli innovazioni al mestiere di scrivere apportate dalla crescente diffusione dei computer (tra cui più importante tra tutte la progressiva espansione torrentizia degli scrittori stessi) ce n'è una sulla quale non mi sembra si sia riflettuto abbastanza. O almeno è quella su cui io non mi ero interrogato fino a questo momento, fino a quando cioè non mi sono trovato a seguire una tesi di laurea sulle tecniche di editing.
Una volenterosa studentessa era incaricata di analizzare le motivazioni estetiche delle modifiche apportate in sede di editing al manoscritto dei romanzi X e Y, di noti scrittori contemporanei: salvo scoprire che i manoscritti in questione semplicemente non esistono.
O meglio, sono senz'altro esistiti in qualche momento del processo creativo, ma poiché l'azione di editing avviene ormai direttamente sulla pagina elettronica, ogni variazione sia essa suggerita concordata o imposta non lascia traccia di sé. Né esiste più memoria del faticoso processo di revisione che lo scrittore impone al proprio stesso testo durante la sua elaborazione.
In una parola, l'analisi delle varianti, resa celebre da illustri critici come Contini, non è più possibile. E, cosa ancor più singolare, la stessa mano dello scrittore tende a farsi incerta: esistono casi, ben noti agli addetti ai lavori, di celebrati romanzi che sono stati praticamente riscritti quasi nella loro totalità in casa editrice, al punto di meritare forse la sigla AA.VV. in copertina.
Ma di tutto questo non resta traccia evidente, né pare più possibile un qualsiasi Fondo Manoscritti della contemporaneità. Sic transit gloria mundi.

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