Pansa ha ragione a dichiarare che la storia della Resistenza andrebbe riscritta, ma l'affermazione va intesa in senso più ampio. Non solo infatti quella della Resistenza, ma tutta la ricostruzione storiografica è in varia misura "falsa": talvolta in singoli passaggi, talvolta nella sua totalità.
E questo non per una particolare malizia o incapacità degli storici, ma per la sua natura intrinseca. La ricostruzione storica non procede aristotelicamente dall'universale al particolare, attraverso una deduzione guidata dalla necessità, ma al contrario risale induttivamente dal particolare all'universale, attraverso prima la collazione e poi l'analisi di documenti, atti, monumenti, testimonianze e memorie. I quali purtroppo sono spesso e volentieri falsi.
Perché l'uomo, unico tra gli esseri viventi, mente. E non mente solo occasionalmente o in cosa di poco spessore, ma sempre e con maggior convinzione quanto è più importante la circostanza.
E' questa straordinaria capacità di raccontare, scrivere e scolpire balle che ha consentito alla nostra specie di uscire dal magma indistinto della vita indifferenziata, per prima elaborare lingue adatte all'inganno, e poi erigere religioni e imperi, varcare oceani, diffondere su tutta la terra il canto dei poeti e perdersi nei labirinti della letteratura.
Perché stupirsi dunque che anche un episodio tutto sommato marginale nella storia del mondo come la Resistenza italiana possa essere caratterizzato da imprecisioni, errori e falsità?
Strano sarebbe semmai il contrario, scoprire una narrazione perfettamente aderente alla realtà fattuale: ma oltre che inutile come la mappa dei cartografi imperiali di Borges, il suo ritrovamento sarebbe il segno che la fine dei tempi è ormai prossima, che noi uomini abbiamo perso la capacità di illudere e che le armate dell'Anticristo stanno convergendo verso la piana di Megiddo.
giovedì 3 maggio 2018
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