Non so se davvero Ed Wood jr sia il peggior regista di tutti i tempi. Così recita uno scherzoso premio para-Oscar attribuitogli post mortem, ma io ho sempre avuto molti dubbi. Mi chiedo anzi se a modo suo non sia stato addirittura uno dei migliori.
Di certo nella fatidica decina di film da trascinare nel rifugio atomico al momento del Grande Scoppio metterei di sicuro il suo Plan 9 from outher space. Un capolavoro assoluto, un'opera che ancora oggi, a più di cinquanta anni dalla trionfale prima, lascia a bocca aperta lo spettatore.
E questo non tanto per l'incredibile interpretazione di Vampira, la funerea bellezza il cui look era ispirato alla Morticia della famiglia Addams. Né per la torva espressione di Thor Johnson, ex wrestler suonato già all'epoca delle riprese. Né per la significativa presenza di Bela Lugosi nel cast: che, essendo morto, venne sostituito dopo i primi 50 metri di girato da una controfigura ripresa di spalle per tutto il resto del film. E nemmeno per l'intensità del dialogo, che nei suoi momenti più alti ricorda il miglior O'Neill.
Plan 9 è uno straordinario, disperato atto d'amore verso il cinema: altro che Effetto notte e altre sifisticate vaghezze europee. Come un Tristano che si trascina morente verso la perduta Isotta, così Ed scende nell'abisso fotogramma dopo fotogramma, incurante dell'ostilità di Dei e Produttori, incurante dei fondali di cartone che ondeggiano, incurante delle luci fisse che fanno del set un salone da barbiere, incurante dei giorni che si fanno notti e le notti giorni, alla faccia dell'orologio.
Incurante di tutto, come è dei veri innamorati. Incurante anche degli abiti femminili che era solito indossare durante le riprese per sentirsi a più agio.
Ci manchi, Ed!
Trivia: si dice che i dischi volanti che ondeggiano qua e là appesi a una lenza fossero le borchie delle ruote di una Lincoln del 47, trovate in uno sfascio. Di certo le armi degli invasori spaziali sono Space Patrol Rocket Gun, giocattoli di plastica molto diffusi tra i bimbetti dell'epoca.
martedì 20 aprile 2010
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3 commenti:
Beh, non è un caso che un suo degno erede - artigiano e affabulatore, lucidamente pazzo e borderline dell'immaginario hollywoodiano -, Tim Burton, gli abbia dedicato un biopic nel '94!
Ho sempre pensato a Wood come un Orson Welles minore (?): stesse ambizioni titaniche (per Ed a basso budget, ahimé..:), stessa voglia di giocare con la cultura di massa (ricordi la radiocronaca della finta invasione marziana?), stessa biografia complicata. Stesso amore per il cinema, in definitiva: quello di carne e sangue, però, dalle parti di Tarantino, non di Bertolucci...
Sì,il paragone con l'altro folle di Welles è giustissimo. Che tra l'altro incarnava una sorta di ideale per il povero Ed. Burton gli ha reso un omaggio straordinariamente affettuoso, in uno dei suoi film più belli. In rete si trova anche un bel documetario su di lui http://www.youtube.com/watch?v=tIBNWqfQV_k
purtroppo in inglese, ma tempo fa ne è circolata una versione sottotitolata su Sky.
Mi piace allora fare mie (pensando che le condividerai) le parole di Andrea Ferrari, nel suo bellissimo e illustratissimo "Il cinema dei mostri", Milano, Mondadori, 2003:
"ciò che io cerco - e sempre trovo - nei miei mostri è la cultura della malinconia, la nobiltà della sconfitta, la poetica del reietto, il folgorante colpo di genio che riscatta la quotidiana volgarità di un’industria che ha fatto dell’ignoranza la sua bandiera.
Mi commuovono la creatività artigianale dell’artista dimenticato e vilipeso, il tocco d’iconoclasta follia di chi osa remare controcorrente, la capacità di sfidare la mediocrità degli ingredienti per generare “un nuovo mondo di demoni e dei”.
I miei mostri sono proprio quelli che la critica ufficiale da sempre guarda con supponente sufficienza e miope sospetto, quasi ne temesse - a ragione - la dirompente carica trasgressiva: perché le rivoluzioni nascono dal basso".
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