martedì 11 maggio 2010

Apollo Ray Gun.


Grazie a un inatteso colpo di fortuna sono appena entrato in possesso di un raro esemplare di Apollo, la cui assenza dalle mie panoplie arrecava un grave vulnus alla completezza della raccolta.

Costruita dalla Yonezewa come arma da fianco per le truppe coloniali, fu adottata tra molte polemiche dalla spedizione Bernulli nelle paludi arturiane. Sopravvive ormai in pochissimi esemplari, molto difficili da reperire anche sul mercato clandestino.

Questo a seguito dell'esito disgraziato dell'impresa: a oggi non esiste alcuna notizia precisa sul destino dell'infelice colonnello e dei suoi uomini, spariti tra i mefitici vapori del padule ormai da più di cinquanta anni. E trascinando nella rovina tutto il loro equipaggiamento.

L'arma non denuncia però affatto la sua età: caratterizzata da una soluzione all'avanguardia per i suoi tempi, la cella al trizio rotante, se la caverebbe egregiamente anche in un conflitto dei nostri giorni.

Unico suo limite un certo ritardo nella risposta tra l'azione sul grilletto e l'emissione del raggio fotonico, dovuto alla necessità che la cella rotante raggiunga il regime desiderato per l'emissione della carica atomica.
Anche il peso non indifferente la rende senz'altro più adatta come arma d'assedio, che non per un rapido corpo a corpo in qualche taverna d'astroporto. In quel caso il professionista preferirebbe senz'altro una più moderna Rocket Patrol, se non addirittura una Pyrotomic.

La Apollo resta comunque una splendida testimonianza della sua epoca, e dello spirito avventuroso di tanti pionieri che si immolarono nello spazio ignoto stringendola in pugno.

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