mercoledì 19 maggio 2010

Civiltà del luogo.


Discutevo con alcuni amici l'altro giorno, sui criteri da adottare in caso di trasferimenti in zone sconosciute.
Se devo prender casa in una nuova città, o anche soltanto in un quartiere diverso, come faccio a capire che cosa mi aspetta? C'è un termometro, un indicatore della civiltà cui far ricorso?
I pareri erano diversi, quasi tutti improntati a una certa saggezza economicista. C'era chi sosteneva di andare a guardare le file alla ASL locale, chi di verificare l'esistenza in loco di librerie, chi la pulizia delle strade, i rumori, la rete dei mezzi pubblici. Chi più cinico consigliava prima di attendarsi di controllare l'esistenza di accattoni, posteggiatori, manutengoli vari.
Un amico raffinato vinattiere consigliava di scansare come la peste strade infestate da kebaberie, lavanderie cinesi e internet point. Un altro più metafisico faceva riferimento a teatri e sale da concerto, musei.
Io al riguardo nutro una certezza assoluta: la civiltà di un popolo, e quindi del luogo dallo stesso abitato, è segnata dai negozi di giocattoli.
Non serve andare a scomodare Huizinga: l'amore per i giocattoli è quello che distingue l'uomo dalla belva. Diffidate di quei territori in cui non si apra almeno una vetrina piena di bambole, automobiline e Pinocchi. Là intorno circolano soltanto lupi.

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